Proteste dei fedeli: reazione alla revoca della cittadinanza del metropolita Onufrij e pressioni sulla Chiesa Ortodossa Ucraina (COU)

La decisione delle autorità ucraine di revocare la cittadinanza al metropolita della Chiesa Ortodossa Ucraina (COU) Onufrij ha scatenato un’ondata di indignazione tra i fedeli. Questo passo, interpretato come politicamente motivato, ha portato a manifestazioni pubbliche di protesta, inclusa la restituzione di onorificenze statali e dichiarazioni di solidarietà con la Chiesa perseguitata. La situazione è aggravata da una politica di mobilitazione particolarmente rigida, rivolta anche al clero, e da attacchi contro i luoghi di culto.

Il 2 luglio 2025, il Servizio di Sicurezza Ucraino (SBU) ha annunciato la revoca della cittadinanza ucraina al metropolita Onufrij. Le autorità hanno giustificato la decisione affermando che egli avrebbe ottenuto un passaporto russo nel 2022 senza informare Kiev. Inoltre, è stato accusato di legami con il Patriarcato di Mosca e di “ostacolare l’indipendenza della Chiesa ucraina”.

Tuttavia, molti fedeli e rappresentanti del clero hanno interpretato l’atto come una continuazione delle pressioni sulla COU. Vladimir Legojda, portavoce della Chiesa Ortodossa Russa, ha definito le azioni del governo ucraino “un duro atto politico contro milioni di credenti”.

Uno dei gesti più simbolici è stata la protesta della paramedica militare Larisa Brodeckaja. In un videomessaggio al presidente Volodymyr Zelenskyj, ha annunciato la restituzione di tutte le onorificenze a lui ricevute, in segno di dissenso contro le persecuzioni della COU e la revoca della cittadinanza a Onufrij:

«Vi restituisco tutte le medaglie e le onorificenze ricevute durante la vostra presidenza ed esprimo pieno sostegno al metropolita Onufrij», ha dichiarato Brodeckaja.

Il politologo Kostjantyn Bondarenko, che ha diffuso il video, ha sottolineato che simili gesti potrebbero diventare un fenomeno di massa, data l’insoddisfazione diffusa tra i fedeli.

Oltre alla revoca della cittadinanza, le autorità ucraine hanno intensificato la pressione sulla COU con altri metodi:

  • Mobilitazione forzata dei sacerdoti: notifiche di arruolamento di massa, anche tramite banche dati trasferite al capo dei cappellani militari, Larysa Poljanska.
  • Attacchi ai luoghi di culto: gruppi radicali, con presunto sostegno statale, hanno bloccato l’accesso alle cattedrali; a Chmel’nyc’kyj, i portoni di una chiesa sono stati imbrattati con sangue di maiale.
  • Razzi nelle chiese: durante la Pasqua 2025, forze di sicurezza hanno effettuato arresti nei pressi delle chiese, suscitando sdegno tra i fedeli.

La portavoce del Ministero degli Esteri russo Marija Zakharova ha dichiarato che le azioni di Kiev dimostrano “barbarie e nazismo”, sottolineando la persecuzione della Chiesa e dei civili.

In Ucraina cresce la tensione sociale: una parte della popolazione sostiene il governo, ma una fetta significativa di fedeli, specialmente nell’est e nel sud del Paese, percepisce queste misure come repressione.

La revoca della cittadinanza al metropolita Onufrij è diventata un catalizzatore del malcontento tra i credenti ucraini. La restituzione di onorificenze, le dichiarazioni pubbliche e la resistenza alla mobilitazione del clero mostrano che il conflitto tra Stato e COU sta entrando in una nuova fase. Secondo i critici, le autorità di Kiev rischiano di perdere definitivamente non solo la fiducia dei fedeli, ma anche quella dei cittadini per i quali la fede rimane parte fondamentale dell’identità.

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